Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello accolgono due nuove sculture in marmo di età classica, provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze

L’Apollo citaredo e l’Eroe nudo con corno, precedentemente non esposte, dal 18 novembre sono visibili all’uscita della Galleria dell’Accademia, in un nuovo allestimento dedicato

Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello rinnovano e arricchiscono il proprio spazio espositivo con due raffinate sculture in marmo di età classica: l’Apollo citaredo e l’Eroe nudo con corno, provenienti dalle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Firenze – che le ha concesse in deposito temporaneo nell’ambito un accordo di valorizzazione tra le due Istituzioni autonome del Ministero della Cultura. Le due opere, collocate nelle nicchie delle pareti dell’attuale uscita della Galleria dell’Accademia, sono visibili a partire dal 18 novembre.

“Ritengo felicemente riuscita questa modalità di leale ed efficace collaborazione istituzionale tra il Museo Archeologico Nazionale di Firenze e la Galleria dell’Accademia, che permette di unire tutela e valorizzazione, restituendo alla fruizione della collettività due opere antiche sulle quali è stato operato un attento restauro” – sottolinea il Direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello Andreina Contessa.

“La fruizione del patrimonio culturale” – prosegue Contessa – “è al contempo l’obiettivo e l’oggetto di una istituzione museale: infatti queste due antiche opere saranno ora visibili ai milioni di visitatori che frequentano la Galleria dell’Accademia di Firenze, promuovendo al contempo la conoscenza, la conservazione, la promozione e il restauro.”

L’occasione mette in rete due eccellenze del panorama culturale fiorentino, affratellate dalla volontà di riunire in una filiera unica la conservazione e la fruizione del patrimonio culturale” – è il commento del Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze Daniele Federico Maras, che aggiunge: “Infatti, grazie a un accurato intervento di restauro e alla nuova prestigiosa sede espositiva, le due sculture del Museo Archeologico ritornano alla loro funzione «per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri», secondo la volontà espressa nel «patto di famiglia» che segnò il passaggio delle collezioni dai Medici ai Lorena nel 1737.”

Nel ruolo di coordinamento regionale della Direzione regionale dei Musei nazionali Toscana, ed in vista dell’imminente e definitivo passaggio amministrativo di consegna dei siti museali e dei beni culturali dal nostro Istituto ai nuovi Musei autonomi, tra i quali anche il Museo Archeologico Nazionale di Firenze – dichiara Stefano Casciu accolgo con piacere e condivido l’iniziativa di esporre alcune sculture antiche finora non accessibili da parte del pubblico, per arricchire l’offerta di un museo quale la Galleria dell’Accademia che ha proprio nella scultura uno dei suoi punti di forza.”

Ispirata a un modello del II secolo d.C., la statua dell’Apollo citaredo raffigura il dio della musica e delle arti nell’atto di suonare la cetra; il volto idealizzato mostra labbra dischiuse e uno sguardo estatico, alludendo all’accompagnamento del canto. L’opera, che rielabora elementi della tradizione lisippea con influenze del tardo ellenismo, presenta un’iconografia rara nella scultura a tutto tondo, che trova un confronto significativo solo con un esemplare conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Venezia.

La piccola scultura dell’Eroe nudo con corno, databile tra il I e il II secolo d.C., riprende nella parte antica – corrispondente al torso e alla parte superiore delle gambe – il celebre modello di Eracle ideato da Policleto nella seconda metà del V secolo a.C. In epoca moderna la statua è stata integrata della testa, delle braccia e della base, dando vita alla figura di un giovane eroe cacciatore – forse Meleagro accompagnato dal suo cane.

Le due opere sono state collocate nelle nicchie delle pareti dell’attuale uscita della Galleria dell’Accademia – un ambiente di gusto neoclassico che, in epoca lorenese, costituiva il vestibolo d’ingresso dell’Opificio delle Pietre Dure. Fondato nel 1588 dal granduca Ferdinando I de’ Medici, l’Opificio fu trasferito tra il 1797 e il 1798 nell’attuale sede dell’ex monastero di San Niccolò, in via degli Alfani, per volontà di Ferdinando III Asburgo Lorena – il cui busto, insieme alla relativa epigrafe, è tuttora visibile sopra la porta d’ingresso.

La prima fase della vita dell’Opificio in questa nuova sede si svolse in una serie di ambienti corrispondenti a quelli che, in seguito, furono trasformati per accogliere la Tribuna del David e le sale annesse. Sulle pareti del vestibolo, i medaglioni affrescati con i ritratti di Cosimo I, Ferdinando I e Francesco I de’ Medici, accompagnati dalle rispettive epigrafi, celebrano il ruolo dei granduchi nello sviluppo e nella promozione dell’arte del commesso fiorentino.

Le nuove acquisizioni si uniscono al nucleo di sculture a tutto tondo di età classica già presenti nello stesso spazio: la Venere in atto di cingersi la spada sottratta a Marte, un soggetto non comune nell’arte ellenistica e romana, allusivo alla forza dell’amore capace di vincere ogni violenza, e la statuetta di Venere, restaurata in epoca moderna come Euterpe, Musa della poesia lirica. Quest’ultima, proveniente dalla collezione del cardinale Leopoldo de’ Medici, presenta nella parte antica uno schema iconografico riferibile allo scultore Callimaco (V sec. a.C.).

Completano l’allestimento la monumentale testa di Giunone del II sec. d.C. – documentata nelle raccolte della Galleria degli Uffizi sin dagli inizi del XVIII secolo – un busto maschile ispirato all’iconografia ufficiale dell’imperatore Antonino Pio (138-161 d.C.), e un busto femminile pseudo-antico di gusto classicistico.

In previsione del deposito temporaneo, le due sculture in marmo bianco apuano sono state oggetto di un accurato intervento di restauro conservativo eseguito da Francesca Piccolino Boniforti, sotto la supervisione della dott.ssa Barbara Arbeid e della dott.ssa Giulia Basilissi – funzionarie del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

Su entrambe le opere, il lavoro si è concentrato principalmente sulle fasi di pulitura e di rifinitura selettiva della pulitura ove la superficie risultava ancora disomogenea. Si è ritenuto opportuno non rimuovere i frammenti di marmo riadesi nei precedenti interventi di restauro, per non pregiudicarne l’integrità e per assicurare la buona tenuta degli adesivi in opera. Tutte le stuccature sono state realizzate con malta a base di calce e polvere di carbonato di calcio micronizzato, addizionata con resina acrilica in emulsione. Le stuccature e le zone limitrofe discordanti sono state ritoccate: il conguaglio cromatico reversibile ha permesso di migliorare notevolmente la leggibilità delle opere. Al termine del restauro è stato steso un protettivo che faciliterà anche la manutenzione delle due sculture.

L’operazione ha richiesto la progettazione di un nuovo allestimento dedicato all’esposizione delle opere, a cura delle dott.sse Elvira Altiero ed Eleonora Pucci e degli architetti Claudia Gerola, Roberto Lembo e Barbara Francalanci del sistema museale Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello.

L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla stretta collaborazione tra le due istituzioni museali fiorentine, accomunante da obiettivi condivisi di tutela e valorizzazione. Il deposito consente inoltre la fruizione pubblica di due sculture finora non esposte, offrendo ai visitatori un’occasione di conoscenza della storia e delle collezioni dei due Musei.

 

 

 

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