Collezioni

David

Bardi Donato detto Donatello

Dell’opera, fra le più famose di Donatello, non si hanno notizie che ne documentino la provenienza originaria e la cronologia. È rammentata la prima volta nel 1469 durante i festeggiamenti per le nozze di Lorenzo il Magnifico con Clarice Orsini; il bronzo si trovava nel cortile di Palazzo Medici su una colonna di marmi policromi avente alla base foglie e arpie eseguita da Desiderio da Settignano; tale supporto, descritto dal Vasari è poi andato perduto (restano due Arpie rispettivamente conservate nella Collezione Chigi-Saracini di Siena e nel Museo Horne di Firenze). L’opera fu interpretata fin dall’antichità come simbolo della libertà repubblicana e perciò sottratta ai Medici nel 1495, un anno dopo la loro cacciata da Firenze, e posta al centro del primo cortile di Palazzo Vecchio. Tradizionalmente interpretata come David che ha abbattuto Golia, la statua ha avuto numerose e diverse interpretazioni; Dixon e Schneider hanno evidenziato il significato erotico dell’immagine, Czogalla il suo riferimento all’antico, Spina Barelli l’ha messa in relazione con la corrente epicurea presente a Firenze fra il 1430 e il 1440 e rappresentata soprattutto da Lorenzo Valla: il Davide sarebbe il simbolo dell’umanista che vince contro i filosofi antichi, l’eroe cristiano (David) che vince il pagano (Golia). La studiosa ha inoltre ipotizzato che tale programma fosse stato suggerito a Donatello da Niccolò Niccoli. Il Janson, sostenitore di una cronologia precoce della scultura, invece ritiene la statua ordinata dalla Signoria fiorentina a conclusione della guerra con Filippo Maria Visconti ed eseguita dopo il 1428; l’opera sarebbe stata poi acquistata dai Medici verso il 1444. Il Pope-Hennessy la suppone prodotta nel clima padovano e vede in Palla Strozzi l’ispiratore del soggetto, mentre Ames-Lewis la crede creata su influenza del Ficino verso il 1460 ed eseguita direttamente per Palazzo Medici e vi vede rappresentato l'”Amor caelestes” che trionfa sull'”Amor vulgaris”. Il Parronchi, riprendendo una interpretazione già avanzata oralmente da Lanyi nel 1940, legge l’opera come “Mercurio e Argo” mettendola in relazione con il “certame coronario”, gara di poesia in volgare svoltasi nel 1441, voluta da Leon Battista Alberti, e considera la statua il premio destinato alla dimora dei Medici che erano stati mecenati della gara; secondo lo studioso il bronzo, databile fra il 1442 e il 1443, rappresenterebbe una allegoria della Verità che sconfigge l’Invidia. Infine secondo lo Scalini l’opera era parte di una fontana, e raffigurava il “contenuto amoroso che trionfa sull’odio capitale”. La critica ha inoltre evidenziato e interpretato in vari modi, il rilievo rappresentato sul cimiero di Oloferne che deriva da un cammeo antico raffigurante il “Trionfo di Bacco e Arianna”, gemma proveniente dalla collezione di Paolo Barbo ed entrata in quella Medici solo nel 1471. La datazione attualmente più accolta dagli studiosi è quella degli inizi del quinto decennio, precedente alla partenza per Padova di Donatello nel 1443. In questo caso la collocazione nel cortile del Palazzo Medici non sarebbe quella originaria perché precedente alla sua costruzione, tuttavia non si può escludere un legame di committenza con gli stessi Medici, supponendone una collocazione all’interno di una sala. La statua, rimossa dalla residenza medicea e situata, nel 1495, nel cortile principale di Palazzo Vecchio, fu nel 1555 spostata nella nicchia di faccia all’entrata e nel 1592 nel secondo cortile e poi nella guardaroba. Recenti ricerche documentarie hanno rilevato che dagli inizi del XVII secolo la statua si trovava in una sala di rappresentanza di Palazzo Pitti, sopra un camino. Trasferita a partire dal 1777 agli Uffizi, nella sala delle sculture moderne allestita dal Lanzi, fu scelta fra le prime opere da portare al Bargello, dove fu collocata prima nella sala dei Bronzi e infine nel salone di Donatello dove venne sistemata su una base di marmo quattrocentesca, sulla quale si trova anche adesso (Inventario Bargello Sculture, n. 445). Caglioti (in Donatello. Il Rinascimento 2022, con bibliografia precedente) fissa l’esecuzione della scultura tra il 1435 e il 1440 riconoscendo nella tecnica metallurgica “antiquaria” del maestro le stesse declinazioni presenti sia nel David che negli Spiritelli Jacquemart-Andre (1436-1438 circa). Un importante restauro eseguito sul bronzo tra il 2007 e il 2008 ha riportato alla luce tracce di doratura sui capelli, i nastri, la nappa e le foglie di alloro del cappello, sui calzari, sulle ali e sul fronte dell’elmo di Golia (cfr. Nicolai in Donatello. Il Rinascimento 2022).

Scheda tecnica

Titolo dell'opera David
Autore Bardi Donato detto Donatello
Data 1435 - 1440
Tecnica bronzo/ fusione
Dimensioni Larghezza 65cm Altezza 65cm
Inventari
Inv. Bronzi e placchette (Bargello) n. 95
Collezione Museo del Bargello