Giuramento di Bruto contro i Tarquini dopo la morte di Lucrezia

Questo dipinto, segnalato in Palazzo Martelli da Federigo Fantozzi nel 1842, fu considerato disperso dalla critica per buona parte del Novecento. Figura infatti tra le opere non rintracciate nella monografia su Luca Giordano pubblicata nel 1966 da Oreste Ferrari e Giuseppe Scavizzi, i quali citano una “Lucrezia Romana” prestata dall’arcivescovo di Firenze agli Accademici del Disegno per la mostra del 1737 nel chiostro della Santissima Annunziata, indicandone la collocazione nel Palazzo vescovile.

Come riconosciuto da Silvia Meloni Trkulja nel 1972, l’arcivescovo in questione era Giuseppe Maria Martelli. La “Lucrezia Romana” è infatti elencata tra le masserizie di Palazzo Martelli assegnate all’arcivescovo nell’atto di divisione dei beni del 1734 (Civai 1990) e fu nuovamente prestata dagli eredi agli Accademici nel 1767 (cfr. Meloni 1972; Borroni Salvadori 1974). Il dipinto compare inoltre negli inventari Martelli del 1771 e del 1813 (Civai 1990).

La Meloni rilevò anche la perfetta corrispondenza tra il quadro descritto nel catalogo della mostra del 1767 — “Il giuramento di Bruto contro i Tarquini per la morte di Lucrezia Romana” — e la tela attribuita a Luca Giordano conservata presso le Bayerisches Staatsgemäldesammlungen ed esposta nell’Ottocento alla Galleria di Schleissheim. In realtà il dipinto era sempre rimasto in Casa Martelli, dove fu “ritrovato” da Mina Gregori nel 1986 durante la redazione dell’inventario della quadreria redatto dopo la morte dell’ultima erede.

Poiché la tela non figura nell’inventario del palazzo del 1682, Civai ipotizzò che fosse stata commissionata dai Martelli negli anni Ottanta del Seicento, durante uno dei soggiorni fiorentini di Giordano — ipotesi accolta nel 1992 da Ferrari e Scavizzi, che suggerirono una datazione al 1685 e individuarono Niccolò di Marco Martelli (1634–1711) come possibile committente.