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Guerrieri combattenti

Il pezzo per il gioco degli scacchi è stato messo in relazione con il pettine liturgico del Victoria and Albert Museum di Londra e con il Cofanetto con centauri dello stesso museo (invv. A.27-1977, 208-1874) per “lo stile narrativo, le figure dinoccolate con occhi sporgenti e naso grande”; caratteristiche che sembrano una derivazione caricaturale dello stile delle miniature del Salterio di Saint Albans (1130, Hildesheim, Dombibliothek; Gaborit-Chopin in Ciseri 2018, p. 161). Il Cavallo del Bargello non corrisponde alla tipica tipologia di questo pezzo che, in Occidente, di solito preferisce la rappresentazione di un cavaliere. Goldschmidt (1926) lo avvicinò a un pezzo da gioco, già in collezione Wileczeg (Burg Kreuzenstein), simile per forma e stile, nel quale si nota la medesima difficoltà dell’intagliatore nell’adattarsi ai condizionamenti imposti dal materiale. Un terzo pezzo, una Torre, che si conserva al Louvre (inv. OA 3297), ricondotta a St. Albans o alla Normandia con datazione 1120-1140, mostra uno stile analogo ed è ritagliato in un pezzo per il gioco degli scacchi islamico risalente all’XI secolo. Secondo Gaborit-Chopin, anche il Cavallo del Bargello “potrebbe essere stato ritagliato e scolpito in Occidente a partire da un pezzo islamico più antico: la sagoma molto compatta, una sorta di cilindro con la sommità tondeggiante, presenta, di profilo, una leggera depressione sopra le teste dei cavalli, davanti al guerriero con l’elmo munito di nasale, che corrisponde a quanto osservato nei pezzi più grossi di tipo islamico”, come il Re Carrand (inv. 49 Carrand; NCTN 0901395365; Ivi, p. 161). La composizione fitta e poco leggibile, così come la disposizione dei personaggi con le teste raggruppate in cima, si spiegherebbero quindi con i condizionamenti imposti dalla forma del materiale originario (Ivi, p. 161). La scarsità dell’avorio di elefante nell’Europa occidentale del XII secolo, e in particolare in Inghilterra, secondo gli studi, potrebbe spiegare il motivo del reimpiego. Quanto all’iscrizione, Zurli (in Parma 2006) ha ipotizzato di leggervi il numero di tre caselle che il cavallo può avanzare in una mossa, ma la critica più recente l’ha rifiutata (Gaborit-Chopin in Ciseri 2018, p. 161). Se Boccia (1963) suggeriva una datazione alla metà dell’XI secolo per la tipologia delle armi intagliate, Gaborit-Chopin osserva che gli scudi rotondi sono rimasti a lungo in uso presso i cavalieri vicino-orientali e sono frequenti nella scultura monumentale del XII secolo; anche l’elmo nasale è attestato fino dopo il 1100 (Ivi). Di provenienza Carrand, potrebbe essere riconosciuto in una delle opere esposte a Lione nel 1826, secondo la studiosa; di parere diverso Speciale (2006), che proponeva di riconoscere nella descrizione del 1826 il Cavaliere e servitori (inv. 48 Carrand; NCTN 0901395360). Tuttavia il pezzo in esame è stato oggetto di una litografia apparsa negli Album di Alexandre di Sommerard (ante 1846).

Scheda tecnica

Titolo dell'opera Guerrieri combattenti
Data 1001 - 1100
Tecnica avorio/ incisione, intaglio, doratura
Inventari
Inv. Collezione Carrand (Bargello) n. 50
Collezione Museo del Bargello