Oggi, come ogni anno, si celebra il Dantedì, la giornata in onore del sommo poeta, considerato il padre della nostra lingua. Questa data è simbolica, si ritiene infatti che rappresenti l’inizio del suo viaggio, descritto nella Divina Commedia.
Il Museo del Bargello ha legato al Nostro, la propria nascita ufficiale come primo Museo nazionale nel 1865, celebrandone solennemente il sesto centenario della nascita, avvenuta tra il maggio e il giugno dell’anno 1265. Oggi ricorrono 1760 anni.
Durante i lavori di ristrutturazione, in preparazione dell’apertura del ‘nuovo’ Bargello, fu attivata la ricerca di un ritratto di Dante, che il Vasari riteneva dipinto da Giotto, nella cappella del Palazzo del Podestà. Questo spunto, sollecitato anche da uomini di cultura di tutto il mondo, diede l’input per il restauro dapprima della cappella, e poi influì sulla ristrutturazione dell’intero edificio. La cappella era completamente intonacata e divisa in due piani: la parte superiore ancora adibita a carcere e quella inferiore usata come dispensa.
La notizia riportata dal Vasari si rivelò esatta: gli affreschi riaffiorarono sotto gli strati d’intonaco e il 21 luglio 1840, affiorò il più antico ritratto di Dante. Il suo celeberrimo profilo, col tipico copricapo e la lunga veste rossa, spettatore ‘contemporaneo’ di un Paradiso dove si assiepano santi e beati.
L’aspetto ci è familiare, questa immagine fu subito diffusa ovunque, come unico e autentico ritratto di Dante, opera di Giotto e dei suoi più stretti collaboratori: attribuzione che l’ultimo restauro ha teso ancora ad accreditare.
Il Museo Nazionale del Bargello è quindi luogo dantesco per eccellenza, ideale per ripercorrere il complesso rapporto tra Dante e la sua città: nella Sala dell’Udienza (oggi Salone di Donatello, che a breve riaperto al pubblico con nuovo allestimento), il 10 marzo 1302 il sommo poeta venne condannato all’esilio definitivo. Nell’attigua Cappella del Podestà (oggi della Maddalena) pochi anni dopo (tra il 1333 e il 1337), Giotto con la sua scuola impostava il suo ultimo capolavoro pittorico, che includeva il Divin poeta tra le schiere degli eletti in Paradiso.