La campagna di restauri nella Sala islamica e nella Sala delle Maioliche del Museo Nazionale del Bargello
In vista del riallestimento della Sala delle Maioliche, da giugno del 2023 lo studio Techne ha avviato l’intervento sul tondo robbiano attribuito alla bottega di Giovanni della Robbia e dedicato a San Francesco, ora esposto sulla parete sinistra della sala. L’opera, proveniente dal convento di Sant’Orsola, giunse in collezione nel 1885. Il vecchio supporto ligneo che tratteneva le porzioni di terracotta invetriata per mezzo di perni in ferro, malta cementizia e gesso, non era più funzionale per cui è stato sostituito da un altro in materiale leggero e inerte. La pulitura del tondo ha reso più vividi i colori e più leggibili certi dettagli che prima sfuggivano all’occhio dell’osservatore. La stessa metodologia di intervento è stata applicata con cura e pazienza da Filippo Tattini ad altre quattro opere che ornano le pareti della Sala delle Maioliche fra cui il tondo raffigurante Sant’Orsola che, date le stesse dimensioni e impianto, fu probabilmente concepito come pendant del precedente, e lo stemma Bartolini attribuito a Luca della Robbia “il Giovane”, proveniente da palazzo Bartolini-Salimbeni in piazza Santa Trinita, poi entrato nella Collezione Luigi Pisa e donato al museo dagli eredi nel 1939. Su quest’ultimo, grazie al restauro sono state rinvenute significative tracce di dorature che saranno oggetto di futuro studio.
Un altro capolavoro che fece parte della ricchissima collezione di Luigi Pisa, poi donato al Bargello, è il tappeto anatolico proveniente dalla regione Ushak, comunemente definito Lotto. Questo favoloso tappeto, da oggi nuovamente ammirabile nella riallestita Sala Islamica, è stato restaurato da Giulia Mariti, la quale, oltre ad uno scrupoloso intervento di pulitura che ha restituito brillantezza ai colori e giusta idratazione alle fibre; ha inoltre consolidato la struttura mediante filati precedentemente tinti e di titolo inferiore all’originale reintegrando trame e orditi dove mancanti con una tecnica non invasiva e totalmente reversibile. Il riallestimento della Sala Islamica è stata anche l’occasione per intraprendere una manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti i tessuti, per sviluppare riflessioni circa i sistemi espositivi, come l’utilizzo delle calamite largamente impiegate in questi riallestimenti, e per mettere a punto un progetto di sostituzione periodica dei pezzi esposti. In questo contesto è stato sempre utile e proficuo il dialogo con Patrizia Labianca, la quale si è dedicata con professionalità e passione alla manutenzione dei sei tessuti esposti e al frammento di tappeto persiano, alla messa a punto dei supporti e all’esposizione di opere polimateriche come i due turcassi turchi del XVI secolo, provenienti dalle collezioni granducali e realizzati in cuoio, velluto e ricamo in filo d’argento. Lo stesso dicasi per una casacca egiziana del XV secolo cosiddetta “Brigantina”, anch’ essa proveniente dalle collezioni granducali, in velluto broccato, ottone dorato e ferro. Per ultimo, ma certamente non per importanza, si aggiunge a questi interventi il fondamentale lavoro di Ludovica Nicolai che ha effettuato la manutenzione di oltre quaranta oggetti di arte islamica in bronzo e ottone ageminati in oro e argento. Grazie all’esperienza e sensibilità della restauratrice che ha calibrato la pulitura degli oggetti in maniera precisa e puntuale, sono tornate a splendere le sottili lamine in metalli preziosi presenti su gran parte di essi, da tempo ormai annerite e pressoché illeggibili a causa dell’invecchiamento e conseguente perdita di funzionalità del protettivo. Sono tornati così a splendere capolavori giunti al museo tramite il legato Carrand fra cui la “Ciotola con pianeti e segni zodiacali”, risalente alla fine del XIII o all’inizio del XIV secolo, la “Brocca con versatoio” egiziana, oppure il grande “Bruciaprofumi” siriano in ottone ageminato in argento e oro.